Essere

1024 576 Massimo Castelli

Pensiero del giorno:


“Culture occidentali credono che dobbiamo essere vivi per uno scopo. Per lavorare, per fare soldi. Alcune culture indigene credono che siamo vivi solo come la natura è viva: per esserci, per essere belli e strani. Non abbiamo bisogno di raggiungere nulla per essere validati nella nostra umanità.”

Melanie Italian Lau (TWITTER)

Sono anni che periodicamente mi riappare questa citazione, accuratamente selezionata da qualche algoritmo che ormai sembra che mi conosca meglio di quanto io mi conosco. Ho più volte provato a rintracciare l’autrice che, seguendo il handle di Twitter @melanieitalianlau, porta ad una persona che non sembra corrispondere a quella che si presume abbia formulato le parole meravigliose della citazione sopra.

Poco importa. L’importanza di quelle parole non è mai stata più grande per me di quanto lo sia oggi. Per decine di anni sono stato io stesso l’esempio vivente di questa cultura occidentale. Faccio un esempio, solo una di tante scelte che ho fatto, basandomi inconsapevolmente sui valori culturali del occidente in cui sono cresciuto ed in cui ho studiato.

Ho mollato una situazione in Brasile a 18 anni in cui ero semplicemente felice. Felice. Cioè felice “punto”. Non avevo niente. Guadagnavo pochissimo e solo per questo mi sembrava di non avere uno scopo degno per essere li. Avevo tutta la felicità del mondo, ma sono riuscito a rimasticare pensieri logoranti finché non mi sono convinto che non bastasse. L’unica cosa in cui non stavo crescendo erano i soldi e la ricchezza materiale. Prima di tornare in Europa per studiare all’università (alla fine tutto è andato diversamente), ero comunque riuscito a cambiare la mia situazione. Facendo lavori relativamente umili in hotel nella zona sud di Rio de Janeiro, ma a contatto con turisti nord-americani ed europei che mi davano mance pazzesche, guadagnavo cifre assurdamente alte – per il semplice fatto di parlare (allora) 5 lingue fluentemente. Alla fine sono tornato in Europa con più soldi di quanto non sia partito – comunque senza la capacità di riconoscere un concetto basilare. Anche i soldi a quel punto li stavo facendo, ma la stabilità e la “serietà” della mia occupazione erano diventati oggetto dei miei pensieri.

Sacrificavo lo semplice stare bene perché una voce dentro di me spingeva costantemente al “migliorarmi”, essere di più (rispetto a cosa?), fare di più e diventare più ricco. Perché diciamocelo, ci hanno sempre raccontato che è meglio essere ricchi ed infelici che poveri ma felici. Ossimori assurdi se ci pensate, perché se sei “povero ma felice” vuol dire che tutti i tuoi bisogni primari sono comunque coperti e quindi oggettivamente c’è da ridefinire “povero” in quella situazione.

È questa continua insoddisfazione la forza ed il motore instancabile della nostra cultura europea. Ereditaria delle grandi civiltà da Alessandro Magno e tutto quanto ne venne dopo fino ad arrivare ai grandi imperi francesi, gli imperatori e perché no, il nazismo (fascismo) che fonda le sue radici sempre nello stesso concetto: mai contenti di quello che siamo o abbiamo.

Siamo tra i popoli più ricchi in assoluto, ma non siamo tra i più felici. Anzi, forse è vero proprio il contrario. Per decenni sono sempre stato visto da tutti come realizzato, come una persona di successo, capace ed ammirato. La verità é che sono stato misero per molto tempo e quasi sempre. Combattevo costantemente con stadi di ansia o di depressione. Non ero mai contento di nessun traguardo. Nemmeno dei più importanti. Al ritiro della mia laurea non ho voluto nemmeno andare – perché avevo del lavoro da fare e non volevo fare il viaggio fino a Londra. Sacrificavo tutto (e tutti) a cui tenevo, pur di portare avanti uno status quo per me alla fine umanamente inutile ed in finis per questo fallimentare.

Forse sto finalmente iniziando a capire. Passo intere giornate con mio figlio, faccio il lavoro nel tempo che rimane. Se lo faccio, perché faccio solo il minimo indispensabile per tenere viva la mia parte dell’economia familiare. Cerco di uscire il più possibile, di incontrare gente, coltivare amicizie. Non è facile. La nostra società non è ne strutturata per questo e tanto meno accetta questi atteggiamenti tanto bene. Mi becco sguardi increduli, qualcuno penserà che sono sfigato – almeno qui al nord è abbastanza sicuro. Non ho più ambizioni? Come no. Sono ambizioso di natura, ma forse oggi investo la maggior parte delle mie forze nel cercare di essere felice e rendere più felice le persone che mi circondano.

Preferisco essere bello, strano e di vivere oggi invece di essere continuamente proiettato in qualche futuro distante.

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